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Con i gestori delle autostrade Monti mantiene la parola, con gli esodati (ancora) no

mercoledì, aprile 4th, 2012

Lei insiste molto su questo concetto di prevedibilità, cosa significa?
«Le confesso che quando alla fine di dicembre abbiamo visto scattare, per un automatismo delle convenzioni, oltre ai tanti aumenti da noi determinati per esigenze di bilancio, anche quello abbastanza cospicuo dei pedaggi autostradali, abbiamo avuto la tentazione di bloccarli o di differirli. Ma quella sarebbe stata una modifica di contratti in essere e sarebbe stato un argomento in più per dire che gli italiani sono quelli che cambiano le carte in tavola. Se vogliamo invece avere investimenti dobbiamo essere prevedibili».
(dall’intervista di Mario Monti a La Stampa del 4 aprile)

Il nostro premier è sensibile all’incazzatura degli italiani per il continuo aumento dei pedaggi autostradali. Bene. Ha anche avuto la tentazione di bloccarli (a proposito, questa citazione dal libro di Gianni Dragoni ci aiuta a capire meglio come funziona il pianeta autostrade Benetton). Ma il Governo però quei rincari non li ha bloccati, perchè non sta bene modificare i contratti in essere e cambiare le carte in tavola.

Peccato che modificare le carte in tavola è stato proprio quanto è stato fatto con gli esodati. Prima gli si fanno firmare i prepensionamenti con le aziende, anche aziende parastatali tipo Poste Italiane. Poi gli si cambiano le carte in tavola, per fare scoprire loro che sarebbero dovuti andare in pensione più tardi. Quindi li si fanno rimanere senza lavoro e con la prospettiva di andare in pensione fra cinque anni. E, dulcis in fundo, chi gli ha cambiato le carte in tavola senza prevedere un “paracadute” ora non li sa neanche quantificare, il numero complessivo di questi esodati “danni collaterali”.
Già, mai cambiare le carte in tavola, vero?

Le magie della “finanza d’assalto” e l’aumento dei pedaggi autostradali

lunedì, marzo 26th, 2012

Per il Gruppo Benetton, Autostrade è “talmente redditizia che nel 2002 si diffondono voci di una scalata ostile. Per difendersi i Benetton lanciano un’Opa d’acquisto totalitaria, cioè sull’intero capitale, della società che controllano con il 30 per cento. L’Opa scatta nel febbraio 2003 a 10 euro per azione, rispetto ai 7 euro pagati per comprarla nella privatizzazione. Aderisce il 54 per cento del capitale,  e la quota posseduta da Benetton e soci sale all’84 per cento. La spesa è di 6,45 miliardi di euro, ma ai Benetton e ai compagni di cordata questa mossa non costa nulla, perché – mettendo in pratica uno dei comandamenti della finanza d’assalto – si indebitano con la società veicolo dell’Opa, la Newco28 controllata da Schemaventotto, poi scaricano i debiti sulla società con una fusione fra Newco28 e Autostrade, che poco prima è stata trasformata in holding e ha scorporato l’attività operativa in una nuova società controllata, Autostrade per l’Italia. Grazie ai pedaggi che crescono ogni anno, accompagnati da un incremento del traffico, Autostrade ha un flusso di cassa così abbondante che riesce a sopportare il debito senza particolari problemi. Si comprimono un po’ gli utili a causa dell’aumento degli interessi passivi, ma così si pagano anche meno tasse. Insomma, il costo della scalata che rafforza la presa dei Benetton viene pagato un po’ dai contribuenti, perché la società paga meno imposte, e in larga parte dai pedaggi, cioè dagli automobilisti che prendono l’autostrada. E, magia della finanza spericolata, nonostante la società abbia più debiti, aumenta il suo valore perché il titolo continua a salire in Borsa. L’altra faccia di questa situazione è però il rallentamento degli investimenti. Con la privatizzazione la società si è impegnata a investire circa 4,5 miliardi di euro in nuove opere entro sei anni, secondo la convenzione del 1997. I lavori partono in ritardo di circa tre anni, anche per la lentezza delle autorizzazioni. Nel 2003 il piano viene adeguato e portato a 9,5 miliardi. Ma nella primavera del 2011, a undici anni dal passaggio del controllo ai Benetton, gli investimenti realizzati sono poco più della metà dell’impegno iniziale”.

Gianni Dragoni, “Capitani coraggiosi. I venti cavalieri che hanno privatizzato l’Alitalia e affondato il paese”. Chiarelettere editore, prima edizione novembre 2011 (pp. 202-203)