Ronzava nella mente, si sedimentava, tornava indietro rimbalzando sulla fiducia nel genere umano e ora si lancia a tutta birra sull’autostrada della disillusione. Cosa? Un semplice, evidente pensiero: i social network incentivano il peggio che c’è in noi. Parlo di Twitter che ben conosco mentre non cito volutamente Facebook, che conosco meno perché non sono mai stato iscritto. Ma un po’ lo conosco e non ne ho affatto una bella idea.
Comunque, come altro spiegare il florilegio di sparate personalistiche e narcisistiche, oppure di giudizi affrettati e sconclusionati su questioni di cui poco o nulla si sa se non la rimasticatura del discorso (ascoltando con un orecchio solo) dei media?
Non ammantiamolo di entusiasmi 2.0, le primavere arabe e bla bla bla. Ci sarà pure chi usa Twitter per segnalare l’incendio e far venire i pompieri. E c’è sicuramente un uso intelligente di queste piattaforme (usare Twitter per cercare e proporre link interessanti, ok). Ma quel che conta è la maggioranza, la Weltanschauung del mondo social. L’immagine del mondo che ci restituisce, il discorso pubblico che contribuisce a creare. Fosse anche, quel che sostengo, una deviazione minoritaria da una tendenza generale virtuosa, meriterebbe un interrogativo, no? Ebbene, più che deviazione per me è questa la vera norma.
Comunque, ciò che si scrive su Twitter nel 90% dei casi è discorso da bar o semplice proiezione dell’Io, senza il filtro della riflessione, che è così necessario invece quando si scrive qualcosa destinato a diventare pubblico.
La piazza, il bar del paese. 140 caratteri di parole in libertà. Senza impegno, tanto è facile. Senza eccessiva responsabilità, tanto annegherà nell’oceano del web. Moltiplicato per mille.
Casa di vetro sulla superficialità della nostra anima. Altro che snobismo, questo è un discorso realista e persino modesto. Parto dall’assunto che anche nelle persone interessanti ci sono consistenti zone di superficialità. A che pro metterle in piazza, in vetrina, davanti a tutti? A che pro, se non perché si evita (volutamente) di rendersi conto di una cosa: siamo inchiostro sbiadito che vuole imprimersi sull’acqua. E ben pochi lo notano, narcotizzati dallo schermo. Una società dove tutti parlano e pochi ascoltano, dove tutti scrivono e nessuno legge. Non è una bella società. E’ una società dove il bar dello sport prevale sulla biblioteca.
Determinismo tecnologico? La natura del mezzo genera la natura del messaggio? Naturalmente in molti pensano che non si possa generalizzare, che Facebook e Twitter vengono anche utilizzati per fare rivoluzioni, o più semplicemente per sviluppare dibattiti interessanti. Insomma, come per la Tv: puoi guardare il Grande Fratello oppure un documentario storico interessante, è sbagliato demonizzarla a prescindere.
Tornando a Twitter, secondo me i casi di uso “buono” del mezzo sono eccezioni, la norma è un uso sconclusionato. Sparare sentenze, indulgere all’impulsività. Il che non vuol necessariamente dire mandare a quel paese qualcuno senza ragione, eh. No. Ma vuol dire affrettarsi in giudizi complessi con ragionamenti troppo semplici, fare il politico da tastiera o l’ultras da schermo, tagliare le cose con l’accetta, lasciarsi andare ad entusiasmi fallaci. In sostanza, non accendere il cervello prima di parlare. Fatto umano, ci mancherebbe. Esiste da quando esiste il mondo. Capita a tutti, anche a chi una volta su dieci (o persino di più) è capace di dire qualcosa di interessante.
A maggior ragione, allora, mettere in piazza la propria inconsistenza dovrebbe essere qualcosa da cui ritrarsi, non qualcosa a cui tendere. E invece lo si fa. E’ questa la vera questione psicologica che ci interroga, interessante da indagare. Vergognarsi della nudità, perché ancora ci si vergogna della nudità (non è scontato farlo ma è un fatto culturale, magari un giorno non sarà più tabù mostrare la propria nudità fuori dall’intimità), eppure mettersi bellamente e poco consapevolmente nudi alla finestra, di fronte a un condominio grattacielo sul quale siamo noi a mettere mattoni su mattoni e costruire piani su piani.
Perché non ci si vergogna più della nudità (intellettuale). Ecco il perché. Sono superficiale, e fiero di esserlo. Parlo senza pensare e scrivo senza riflettere, e ne vado fiero, ho tanti follower. Per una cosa interessante, ne dico dieci totalmente vuote. E’ lo scotto da pagare.
Penso proprio che sia così. Ma che tristezza….