Sì certo, si fa presto a orchestrare “complotti contro l’unica forza di opposizione al governo delle banche” per mezzo di poteri sovranazionali che manipolano e indirizzano indagini. Ma poi si guarda al personale politico e amministrativo della Lega, ai loro volti, alle loro storie, e si fa fatica a scampare da un pur bieco trionfo della fisiognomica. Insomma, se complotto c’è stato, quel tesoriere lì non l’ha mica nominato la Bce, ma la Lega stessa. È la logica medicina ai complottismi. Saresti immune da critiche in senso assoluto? Se la risposta è no, non c’è complotto che tenga.
Comunque, fra tanti dipinti godenti del declino leghista, fra mille intercettazioni e mille disamine politiche, forse la cosa più giusta la scrive Luca Ricolfi su La Stampa di sabato.
“La Lega è destinata a uscire di scena non solo per gli scandali di questi giorni ma perché ha tradito troppo presto il sogno federalista, un’idea più che mai attuale”.
A parte che il referendum di cui parla Ricolfi si tenne nella primavera del 2006 e non nell’autunno, per il resto emerge con forza l’aneddoto del fuori onda nello studio televisivo, quando un politico della Lega disse all’editorialista de La Stampa che la riforma sui servizi pubblici locali sarebbe stata ostacolata dal Carroccio perchè un poco di sana liberalizzazione avrebbe fatto perdere lavoro alle imprese del nord e avrebbe impedito il riciclo dei politici trombati, dei nipoti e degli amici nelle poltrone delle municipalizzate.
Amaro apologo dell’impossibilità riformatrice connaturata a gran parte della politica italiana. Dietro la difesa dell’italianità delle imprese pubbliche o di quelle private destinatarie di appalti si cela un inganno di fondo. Anche se un appalto lo vincesse un’azienda “di fuori” (c’è sempre un “fuori” per chi gongola nel “dentro”) come farebbe a lavorare, se non usando manodopera del posto? Perciò non si perderebbero posti di lavoro, l’attentato della liberalizzazione sarebbe soltanto quello alla gestione del Potere da parte della politica. Altro che chiacchiere.
La verità è che la Lega non ha saputo rimanere immune dal “ministerialismo”, non ha saputo far comprendere agli italiani, tutti e non solo a quelli delle valli bergamasche, che una riforma federalista dello Stato è l’unico modo per educare gli amministratori pubblici spreconi e gestire meglio la spesa pubblica.
Sulla sacrosanta necessità di una gestione razionale delle politiche per l’immigrazione, la Lega non ha saputo emanciparsi da una visione da “bar dello sport”, e per forza che nell’immaginario comune la rivendicazione leghista a una immigrazione regolata è diventata solo razzismo becero.
Alla giusta presa di posizione contro la corruzione nel Meridione, ha risposto governando in una giunta regionale lombarda falcidiata dalle indagini. Alla critica, inattaccabile, contro un certo statalismo che ha coccolato il sud del paese nei suoi vizi peggiori, non ha saputo dare un discorso pubblico immune da demenziali attacchi al tricolore o ai napoletani in quanto tali.
Insomma, la Lega si è distrutta da sola, ha ragione Ricolfi. Ed è un motivo in più per dire “altro che complotto!!!”.