Un bell’articolo di Gabriele Romagnoli su repubblica.it lancia un messaggio chiaro, inflazionato, quanto difficile e sconvolgente da accettare: e se la molteplicità di forme di comunicazione virtuale non fosse altro che un modo per fuggire dalla solitudine? Una panacea per ottenere compagnia e vincere l’isolamento, tramite un trasversale effetto placebo?
La gente è sola, ha bisogno di confortarsi con proiezioni della propria persona in una rete che maschera i difetti, rende più facile sconfiggere le timidezze, elogia i pregi, accomuna tutti in una dimensione paritetica. Ma se fosse tutto livellato verso il basso? Se, paradossalmente, l’eccesso di comunicazione voglia inevitabilmente dire abbassamento della qualità del comunicato, del detto, dell’immaginato?
L’argomento è vecchio e abusato: ma proviamo a pensare a come sarebbe il nostro mondo senza facebook…il mondo senza sms….
come potremmo recuperare il fascino della proiezione, il gusto della conoscenza fugace, il senso di appartenenza a una comunità condivisa e virtuale?
Boh, forse non ci penseremmo come non pensiamo a una cosa che non abbiamo mai conosciuto.
Forse dalle nostre case usciremmo di più. Passeremmo più tempo nei luoghi della condivisione fisica di esperienze live.
Non sono antitecnologico; non scriverei qui, se lo fossi. Non passerei gran parte del mio tempo libero e lavorativo su internet, come invece faccio. Quindi passatemi questo argomento, e rifletteteci frullando virtuosamente le vostre idee, le suggestioni di chi volete, le esperienze del “vicino di tastiera” e il vostro “fare rete” bellissimo e divertente.
Non vi mette una angoscia formidabile pensare a voi, soli nell’immenso vuoto che c’è, aggrappati a uno schermo che tentate di raggiungere, sempre con il fiatone, battendo tasti e scorrendo simil topi di plastica? La vostra immagine di nuclei indifesi abbandonati nel potere trasversale della comunicazione virtuale, non vi preoccupa nemmeno un po’?
La mancanza di elaborazione dei dati che producete e che ricevete, l’estrema velocità di ciò che fruite in attesa di altre fruizioni fino alla stanchezza isterica e adrenalinica informatica; la mancanza di riflessione nel fruire della musica, inflazionata dal peer to peer compulsivo, le scorciatoie, la riduzione del pensiero a citazionismo, il wikipedismo, il galateo talvolta insopportabile della rete, degli sms, le cortesie formali dei messaggi di testo in serie.
Tutto ciò, non vi crea un vuoto attorno che mano a mano non sapete più come riempire perché state lentamente perdendo l’allenamento, se mai lo avete avuto, a riflettere?
Ma ancor di più, e oltre tutto ciò, oltre il web pervasivo, l’alienazione 2.0, lo stress della vita moderna e gli slogan: non vi crea una fottutissima paranoia l’idea DI NON AVERE TEMPO, di non avere mai il tempo che vi serve, la calma per la digestione mentale dei mille stimoli, dei vacui input e dei corposi concetti che ogni giorno affrontate???
ci vuole un rutto, un rutto dell’anima per digerire il lautissimo pasto, pieno di conservanti chimici e divorato in fretta, con un appetito che dopo la sua soddisfazione vede in tempi brevissimi il ritorno della fame.