“La scrivania di Monti a Palazzo Chigi è coperta di dossier economici e da tutte le classifiche esistenti sulla competitività: la sua missione è quella di cambiare la nostra immagine nel mondo. “
(intervista fiume del direttore de La Stampa a Mario Monti, mercoledì 4 aprile).
Ora, La Stampa è un giornale ben fatto e ha spesso approfondimenti interessanti, gli va riconosciuto. Ma un pochino di “distanza giornalistica” in più, specie nelle prime righe di una intervista fiume, quelle per intenderci che verranno lette di più, non sarebbe stata più obiettiva?
“Missione”, scrivania piena di sudate carte, “cambiare la nostra immagine nel mondo”.
Che so, magari invece di “missione” si poteva dire “il compito che Monti si è dato”.
Invece di “cambiare la nostra immagine nel mondo”, che so, “far vedere che il suo Governo funziona”.
E’ ben difficile “cambiare” l’immagine di un paese, di una cultura, nel mondo. Un’antropologia non la cambia un premier in viaggio di Stato. Sono questioni di secoli, di libri, di notizie quotidiane, di comportamenti.
Scrivere in quella maniera assertiva che “la sua missione è cambiare l’immagine dell’Italia nel mondo” implica assumere che questo sia possibile. E da un giornalista serio come Calabresi ci si attendeva una maggiore presa di distanza da affermazioni così roboanti, ma troppo poco relativizzate.