ABOUT “OLIVER IN CUCINA”: perchè questa sezione del Frullatore
OLIVER RANKING:
prezzo: 4 stelle su 5
qualità: 3 stelle su 5
sintesi: anarchico e popolare, adriatico, onesto, stomaci capienti
STRUTTURA: Posto 9
CATEGORIA: Ristorante di pesce, popolare, sul mare, economico ma buono. Senza menu, per stomaci tosti e portafogli popolari
DOVE: Lungomare italia 64010 – Martinsicuro (TE)
CONTATTI: tel 0861.714561
VISITATO IL: 19 novembre 2011
LINK SU DUESPAGHI.IT: http://www.2spaghi.it/ristoranti/abruzzo/te/martinsicuro/posto-9/
Il pesce dell’Adriatico, superbo scrigno di sapori e odori. Una piccola struttura in riva alla costa teramana. Serata d’inverno, tavoli di ragazzi e gente adulta, di ogni estrazione sociale, accomunata dalla voglia di una serata di sintonia fra palato e portafoglio.
Posto 9 è un locale assolutamente da frequentare, spesso e volentieri, certo dipende dalle proprie capacità di contenimento interiore dell’opulenza gastronomica, certo è meglio altro se si ha voglia di una serata romantica e appartata, ma è ancora e non ridondantemente certo che questi sono i posti che ti lasciano dentro l’impressione di aver speso il giusto in tempi di crisi per regalarsi una serata di abbondanza e soddisfazione.
Trattoria “anarchica”, senza menu, ti siedi e mangi ciò che ti portano. Insalata di polipo e poi subito piattino di frittura da combattimento. Non male strategicamente l’idea di spezzare così la standardizzazione delle sequenze a tavola, un fritto a inizio pasto e a stomaco vuoto si gusta meglio e gli si trova spazio senza soffrire.
Cozze e vongole e poi un assaggio di primo, una classica e sempiterna mezzamanica allo scoglio nella piena koinè marcuzziana marinara.
Fra Marche e Abruzzo, Marcuzzo, costa di marineria decimata ma dalla grande storia di sposalizio con il mare. E arriva la seppia arrosto, e poi si scompagina di nuovo la scaletta classica della cena di pesce degustando delle ottime panocchie bollite (canocchie, alias cicale di mare) servite nel numero-che-vuoi-tu dal Boss del ristorante che gira fra i tavoli con il vassoio e la pinza per fornirti ancora calde queste delizie adriatiche, povere ma meravigliosamente dotate di gusto, vere instillatrici di entusiasmo del circuito gola-cervello, vero salvatore e glorificatore dell’anima umana. Tornerà più tardi, non ricordo a che punto, e sempre da me ha ricevuto benevolenza e accoglienza dal mio stomaco. E più volte, alla fine sono io che lo chiamo e lui mi tratta come un figliol prodigo che torna dal deserto, affamato e onorante il desco.
E ancora cozze e vongole, in a traditional way e sempre gradite. E poi ancora seppia arrosto, sempre in modalità “quello che sforna la cucina eccolo a te, mangia e zitto“.
E io mangio, mangio con gusto e soddisfazione popolare, mi genufletto al Dio Pesce dell’Adriatico e alle sue nenie dolci e ammalianti. Inebriato dal vino da tavola che non fa venir mal di testa il giorno dopo nè la sera stessa, come dir no a un più che buono gnocchetto tricolore allo scoglio? Infatti dico sì. Chiudo con la seppia arrosto, beandomi della sua consistenza di nobile mollame esaltato dalla cottura al fuoco. Attorno la gente è felice. La cantina enologica? “Inesistente”, ecchissenefrega.
Alla cassa siamo io e loro, mi complimento, ringrazio e pago. 50 euro in due, panzapiena e simpatia. All’entrata ti avvertono “qui a volte si può servire anche pesce congelato”, viva la sincerità della trasparenza, spesso mancante in ristoranti molto più blasonati e blasonati il tuo portafoglio.
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