pubblicato il 17 agosto 2009. @riproduzione riservata
Cambiano le generazioni, le aspettative e le percezioni sui propri diritti. Si tramutano, da una generazione ad un’altra, con una velocità sconosciuta alle masse fino agli inizi del ‘900. Poi la generazione delle dittature (parliamo del nostro piccolo mondo occidental latino) e della guerra, del “sangue sudore e lacrime” e della Fame. La Fame.
Poi i loro figli, cresciuti nel boom, fortunati come pochi e sfortunati come tanti che ci hanno perso la testa fra troppo benessere, pistole politiche, eroina. Ma appassionati alla vita, alle idee, fiduciosi che il mondo cambiava in meglio. Attendevano con ottimista meccanicità il ciclo degli eventi e delle vite: un lavoro retribuito e garantito, l’automobile, la casa di proprietà e poi anche la casa delle vacanze, la moglie, i figli non troppi perché nel frattempo si è capito che di benessere ce n’è di più quanto meno hai pianti da ascoltare e bocche da sfamare. Le Vacanze.
Poi noi, loro, insomma quelli nati fra anni ’70 e anni ’80. Pasciuti nel benessere e nella bambagia, ma ancora esenti dalla sottile perversione indotta dalle madri che non ti hanno mai fatto giocare a pallone sull’asfalto, del sistema scolastico carcerario dei tempi continuati e delle attività ludiche, dei padri che ti portano in bici accanto a loro con il caschetto in testa. Teledipendenti, affascinati dal passaggio dal commodore 64 alla play station, rivoluzionati da internet e cretinizzati da una Italia mai così scialba e idiota. Ancora le vacanze, ancora il mito della proprietà e dello shopping, ma per questi esemplari di homo sapiens mediaticus non ci sono più le certezze scritte sul granito. Le hanno scalfite le prime moschee sotto casa, le spiagge affollate da venditori abusivi che ti si parano davanti e non riesci a vedere il mare, le chinatown non richieste, il mantra dell’integrazione e i mantra mediatici sulla delinquenza. Ma a fare le badanti però sono ancora più buone loro, le slave.
Le certezze della generazione precedente, però, ora le hanno scalfite le aziende che chiudono per delocalizzare o per morire del tutto. La precarietà, la precarizzazione, lo schifo parcellizzante di mille leggi assurde che van dietro all’economia sempre più di carta, la vita in call center e il posto fisso mai: tutto questo è già da anni che va avanti. Ma ancora tiene quel modello ereditato dal boom, quelle attese che ancora si hanno rispetto al ciclo lavoro, ferie, vacanza, diritti. Pensioni sempre più come miraggi, ma nella vita dell’eterno presente si guarda al futuro solo tramite una vetrina con i prezzi scritti sopra. Ancora tiene la regola del miraggio. Cresciuti nell’ansia del diritto, si fanno i conti ancora a stento con il dover crescere. Siamo ancora bambini, poveri ma viziatelli.
Oggi stanno nascendo le cavallerizze dei buoi che montano la carica, i sassolini calpestati nello scalpiccìo della folla che fugge, i guerrieri di carne fragile che fra un antibiotico e un’ipertrofia ossea da scrivania comprenderanno finalmente che il mondo è cambiato. E che non c’è da fare la rivoluzione, perché è la rivoluzione che fa noi.
Gente per cui l’orizzonte della propria vita è sempre stato quello della crisi, mai quello del boom. Nati al tempo della cassa integrazione di massa, nati al tempo dei lati cattivi della globalizzazione, cresciuti in un mondo colorato e pieno delle sfumature della depressione. Internettizzati da sempre, sicuri e garantiti da mai.
Gente che ha nel sangue e nell’istinto la necessità di corciarsi le maniche, gente che non conosce più l’ipertrofia dei diritti e la distorsione del fancazzismo di Stato.
Gente che tornerà a sporcarsi le mani con unto o terra invece che perder tempo e soldi dietro lauree improbabili e anni inutili in qualche città universitaria. Che farà da badante a qualche vecchio perché è un lavoro sicuro e sempre in crescita, perché di culi da pulire si avrà inflazione. Gente che dovrà tirar fuori le palle per avere competenze nella vita al tempo della limitatezza delle risorse.
Le meglio menti studieranno sistemi e tecnologie della gestione del ciclo dei rifiuti, della produzione energetica alternativa, dei flussi organizzativi delle amministrazioni pubbliche, per l’eliminazione delle code e dell’effetto “vacca al pascolo” negli uffici di Comuni e Province.
Quelli più pragmatici troveranno lavoro come operatori ecologici, come addetti all’ordine pubblico e alla sicurezza privata.
Avremo un popolo di badanti, di raccoglitori di pomodori, di muratori in bilico sui ponteggi per una demolizione e ricostruzione forzata dall’assenza di territorio. Avremo ex immigrati che daranno lavoro agli italiani, “nuovi italiani” dalla pelle meticcia e vecchi italiani con i volti anni ’50 e il ritorno della Fame.
La dittatura delle Vacanze lascerà il posto al concetto di Viaggio? Probabilmente no, non saranno così intelligenti. Ma i nostri figli faranno di necessità virtù, e avranno quella capacità di lottare che viene in dote solamente a chi non ha mai conosciuto la certezza della garanzia e l’aspettativa del dovuto.
Inviato su crisi, globalizzazione, interpretazione
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